Ecosostenibilità: la sfida dell'energia ad impatto zero

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Energia ad emissioni zero: un obbiettivo ancora da raggiungere

Uno degli obbiettivi principali da raggiungere per un’esistenza collettiva maggiormente bio-armonica è quello di trovare un metodo di produzione e distribuzione dell’energia che comporti sempre meno emissioni di gas serra, da diffondere poi su larga scala.


Davanti a questa “sfida” in molti hanno pensato ad energie rinnovabili come l’eolico, l’idroelettrico e soprattutto il solare. Si trattano di metodi di produzione che sfruttano la natura e i suoi elementi nella loro forma più pura, rendendoci autosufficienti senza emettere un grammo di carbonio o metano: all’apparenza sarebbero soluzioni perfette ma hanno purtroppo anche dei punti di debolezza non di poco conto.                                                                                                                                 

In primis, sono tipi di energia per lo più discontinui: in una giornata nuvolosa un impianto solare non può funzionare, e nemmeno uno eolico in un periodo poco ventoso. In secondo luogo, a parità di energia prodotta richiedono un’occupazione di suolo molto maggiore rispetto ad altri tipi di energia, e ciò può causare non pochi disagi agli ecosistemi ove vengono installati i relativi impianti di produzione.

Dunque possono rappresentare un’alternativa su piccola scala, ma serve trovare un’altra soluzione per quanto riguarda la larga scala, ed una delle possibilità più valide può essere il nucleare. Questo tipo di energia è basato su interventi atomici


relativi ad atomi di Uranio 235, uno degli elementi più densi e disponibili sulla terra: in parole semplici, prendendo un atomo di Uranio e “sparandovi” contro un neutrone supplementare moderato (ovvero rallentato), si provoca la fissione dell’atomo stesso che spigiona una grande quantità di energia e calore. Tutto ciò comporta emissioni di praticamente solo vapore acqueo e può essere utilizzato in tutta sicurezza se i relativi impianti verranno progettati nel modo corretto, utilizzando sistemi di raffreddamento ad acqua pressurizzata. In questi sistemi, la moderazione dei neutroni e lo smaltimento del calore in eccesso sono garantiti entrambi dall’acqua, in modo che se questa dovesse accidentalmente mancare si fermerebbe tutto; invece in impianti come quello di Chernobyl la prima funzione veniva assicurata dalla grafite, in modo che anche senza acqua tutto potesse continuare creando però un pericoloso surriscaldamento.                                                              

E i suoi punti di forza non finiscono qui: il nucleare produce inoltre energia in maniera molto più concentrata (per capirci, per un gigawatt di energia prodotta col nucleare servirebbero 3 ettari di suolo, mentre per un gigawatt col solare ne servirebbero quasi 1000) e se calcoliamo anche le emissioni dovute dalla produzione impiantistica, è ancor più “carbon-free” del solare.

Detto ciò, abbiamo davanti una soluzione praticamente perfetta, ma c’è da superare il tabù che si è imposto nella società odierna: ci sono troppi luoghi comuni sul nucleare che ce ne fanno avere sempre più il terrore, anche se basta consultare le statistiche per apprendere che in realtà ha fatto meno vittime degli incidenti domestici avvenuti in Francia in un anno.

Convincerci nel considerarla seriamente come una valida soluzione sarà piuttosto difficile, ma non impossibile: basta informarsi più a fondo, conoscere e capire che se tutto viene fatto come si deve non c’è alcun pericolo, anzi, a lungo termine ne trarremo grande beneficio sul clima, sulla qualità dell’aria e quindi sulla qualità della vita umana e di tutte gli altri esseri viventi.

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