Il naufragio di Cutro e le relative responsabilità dell'esecutivo: L'ANALISI

New Geography and Science presenta...

SPECIALE: 
Cronaca di un tragico incidente a largo delle coste di Cutro: un disastro che si poteva evitare

Nella notte tra il 24 e il 25  febbraio, una nave partita da Smirne (Turchia) è affondata a soli 150 metri dalla costa di Cutro: il mare si era fatto agitato e il natante, molto carico, non ha retto, andandosi a schiantare contro uno scoglio secondo le ipotesi più accreditate. Il bilancio è di ben 67 persone morte di cui addirittura 14 bambini; la nave aveva fatto tappa in Pakistan, Iran e Siria e l'Italia sarebbe stata la tappa finale. Una strage assurda, che serve anche per riflettere su quante responsabilità ne abbia il Governo.

La mattina del 25 febbraio, un pescatore di Steccato di Cutro nota un’imbarcazione distrutta e alcuni corpi galleggiare in acqua. Sono migranti provenienti dalla Turchia, l'Italia era la loro tappa finale, la  struttura del loro vecchio motopeschereccio era collassata per il mare molto agitato (forza tre con onde alte due metri): il natante si è spezzato in due nell’impatto. A causa dell'accaduto, sarebbero morte ben 67 persone, e i pochi sopravvissuti ne sono usciti lesionati.

Se le ricostruzioni elaborate fin ad ora fossero corrette, le responsabilità delle istituzioni sarebbero molto gravi. 
Ma andiamo con ordine: alle 4:57 di sabato 25 febbraio, quindi 24 ore circa prima del naufragio, una stazione radio italiana riceve un may-day da una barca in difficoltà nel mare Ionio: si tratta di un allarme senza correlative coordinate, dunque viene chiesto a tutte le imbarcazioni nei paraggi di prestare alta attenzione a possibili pericoli e/o altre navi in difficoltà. Quella sera poi, un aereo di Frontex, agenzia preposta al pattugliamento del mar Mediterraneo, avvisterà il barcone in questione e lo fotograferà addirittura. Il rapporto viene inviato alla base italiana dell’agenzia: attraverso il monitoraggio satellitare è possibile rilevare la presenza di una “significativa risposta termica”., viene cioè appreso che quella barca è piena di persone senza alcuna protezione individuale quali, per esempio, i giubbotti di salvataggio.

A questo punto, la domanda sorge spontanea: perché, nonostante le allarmi e le segnalazioni, non sono intervenuti i soccorsi o la Guardia Costiera stessa? 
Perché per la legge entrata in vigore ai tempi del governo primo di Giuseppe Conte, in questi casi la Guardia Costiera non ha più capacità di intervenire: in riferimento a questo decreto, chi di competente ha deciso perciò di lasciare in porto le motovedette della Guardia Costiera, affidando la gestione della situazione alla Guardia di Finanzia: abbiamo deciso di intraprendere un’azione di repressione invece che di salvataggio. E purtroppo è proprio questa la mentalità generale del nostro Governo: durissimi sono stati i commenti del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, quando in rassegna stampa gli è stato chiesto di provare empatia nelle vite umane coinvolte: “Se fossi disperato, non partirei. Perché sono stato educato alla responsabilità, a non chiedermi cosa devo aspettarmi dal Paese in cui vivo, ma a cosa posso dare io”

Applicando l'operazione S.A.R (operazione di ricerca e 
salvataggio) e lasciando quindi campo libero
alla Guardia Costiera, oppure
rivedendo la legge proclamata dal governo Conte 1,
saremmo riusciti a salvare ben 67 vite.
Ma invece, il Governo ha negato tutto ciò: ecco perché
in tantissimi "incidenti" come questi l'esecutivo è colpevole. 

E ora, cosa dovremmo fare per far sì che non si ripresentino più scenari del genere? 


Commenti

Post popolari in questo blog

Ora abbiamo anche il nostro podcast!

Un piccolo spunto di riflessione...